Che figata, essere dentro Control
Nel corso della sua avventura alla Oldest House che la vede divenire direttrice del Federal Bureau of Control, Jesse Faden ha un prezioso alleato: il giocatore.
Mi ha sorpreso, che non ci abbiano pensato tutti da subito. Quando Jesse Faden supera le porte della Oldest House, nel prologo di Control, la prima cosa che mi sono domandata fu «ma con chi ce l’ha? No, aspetta, sta parlando con me?».
Leggo giocatori che non ci hanno mai pensato, a me viene in mente mio fratello che, quando gli feci provare il gioco, a sua volta mi disse «ma parla con me?».
Mentre si guarda intorno, la protagonista del titolo Remedy preannuncia che «this is gonna be weirder than usual», parla di poster, cosa ci si nasconde dietro e, riferendosi a qualcuno non meglio identificato, afferma di essere venuta qui su suo consiglio, per ritrovare suo fratello Dylan.
«Mi hai chiamata» dice Jesse, «quindi eccomi qui». Qualcuno l’ha spinta ad andare lì, il suo breve monologo si conclude con una carrellata che si sposta alle sue spalle mentre entra nella Oldest House dicendo «ci sono. Perché mi hai fatta venire qui?».
Già, Jesse, come mai sei venuta qui?
Attenzione!
Questo articolo contiene pesanti spoiler da Control.
Non proseguire la lettura se non hai completato il gioco.
Welcome, director Faden
Non è una novità che Remedy sia bravissima a giocare con la metanarrazione. La serie di Alan Wake (niente spoiler dai DLC del secondo gioco, grazie) scritta da uno scrittore che scrive di uno scrittore che vive la realtà di cui scrive, in tal senso, dice già abbastanza.
Ma anche Control, pur non fornendo mai una banale interpretazione univoca, è fiero del suo status di videogioco e lo riconosce in ogni passo.
Via via che Jesse avanza nella Oldest House, trova il corpo morto suicida del direttore Trench. Spinta dalla misteriosa entità a cui si rivolge – quella che è responsabile di averla fatta venire lì – abbranca l’arma con cui l’uomo si è ucciso. Si tratta dell’Arma di Servizio, una pistola che solo il direttore dell’FCB può usare.
La presa dell’arma la trasporta in una dimensione chiamata piano astrale, dove il Consiglio del bureau la approva come nuovo direttore dell’FCB: tu sei il direttore, adesso. E per essere direttore di questo bureau, servono delle doti… particolari.
Jesse, che è entrata in questo peculiare (a dir poco) palazzo perché pare che qui sia tenuto nascosto suo fratello Dylan, portato via da una misteriosa agenzia quando erano solo bambini, si ritrova di fronte a distorsioni della realtà che sconvolgerebbero chiunque, ma non lei.
La ventisettenne viene da Ordinary, dove anni prima attivando un proiettore con suo fratello e i suoi amici ha già avuto modo di accedere a quelle che sembravano delle realtà parallele, delle entità extra-sensoriali terrificanti per chiunque, meno che per lei e Dylan.
È lì che Jesse, a quanto pare, ha percepito l’entità a cui si rivolge, e che chiama Polaris – come la stella polare: in un mondo-altro, un piano dimensionale diverso dal suo.
E il suo piano dimensionale, ricordiamo, è quello dove si svolge Control in quanto realtà. Il nostro piano dimensionale, invece, è quello in cui la sua avventura in Control è solo un videogioco.
Mentre cerchiamo di metterci con Jesse sulle tracce di Dylan, per capire se è davvero l’FCB ad averlo portato via dopo gli eventi di Ordinary, scopriamo che la Oldest House è presa d’assalto da un’entità maligna, conosciuta come Hiss, che possiede la mente delle persone e le rivolge violentemente le une contro le altre.
L’emergenza è altissima e la Oldest House è sigillata: nessuno può entrare né uscire, per evitare che l’Hiss si diffonda fuori, a New York e magari nel resto del mondo.
Ma Jesse è entrata, e nessuno nell’FCB sa spiegarsi come sia successo: è stata attratta lì da Polaris, l’entità extra-dimensionale di cui sopra, che l’ha spinta a cominciare questo viaggio.
Se già non vi suona nessun campanello in merito a uno squarciamento palese della quarta parete, dove la realtà di Jesse è mescolata a qualcos’altro, andiamo pure avanti.
I poteri del director Faden
La capacità di Jesse di resistere all’Hiss e di lottare contro le persone corrotte da questa entità sconvolge anche i veterani dell’FCB. Quando sta per venire sopraffatta, Jesse riesce ad appellarsi a Polaris e ad avere la forza di respingerlo.
L’Arma di Servizio è la sua preziosa alleata: le permette di sconfiggere qualsiasi nemico, ma non è il suo unico potere.
La direttrice ha la capacità di creare con le mani forti spostamenti d’aria che colpiscono gli avversari ed è dotata di abilità telecinetiche, per cui può letteralmente afferrare qualsiasi cosa e scagliarla contro i nemici.
I poteri di Jesse, più si addentra nella Oldest House e quindi più è il tempo che passiamo nel gioco con lei, diventano sempre più letali, fino a quando non apprende addirittura come levitare per svolazzare in giro.
E, come da titolo, Jesse li controlla alla perfezione. La sua potenza fuori dal comune non le sfugge mai di mano: Jesse può afferrare una granata al volo senza toccarla e con un gesto della mano farla esplodere addosso al nemico che gliel’aveva lanciata
Le sue capacità, sconosciute a chiunque altro nel bureau, sono dovute al suo collegamento e alla sua relazione con Polaris. Che è sempre lì, con lei. Ma non parla. Le due comunicano telepaticamente, Polaris non ha bisogno di parole, ma Jesse sa sempre precisamente cosa Polaris voglia, cosa deve fare, e si muove nel gioco di conseguenza.
Jesse, come ogni protagonista di un videogame, va dove il giocatore dice e fa tutto quello che il giocatore preme sul controller, sì.
La direttrice dell’FCB non parla con nessuno di Polaris, ma i dialoghi spesso ci mostrano un primissimo piano sui suoi occhi per farci sentire i suoi pensieri, come se fossimo una cosa sola, come se anche noi comunicassimo telepaticamente con Jesse, proprio come Polaris.
«Dovrei parlarle di te?» si chiede, mentre dialoga con Emily, una delle prime persone che incontra nella Oldest House. Ragiona come se nella sua mente non fosse sola, come se la comunicazione tra lei e Polaris fosse costante, nonostante vengano da dimensioni differenti.
Polaris ed Hedron
La mia convinzione che il giocatore sia Polaris ha vacillato un po’, nel corso del gioco, quando Control ha cominciato a spiegarmi che il rapporto tra Jesse e Polaris è cominciato prima rispetto a quando ha incontrato me.
Tuttavia, Jesse dice anche che da qualche tempo non riusciva più a sentire Polaris, e questa in parte potrebbe essere una giustificazione al fatto che la “ritrovi” solo quando anche il giocatore entra nella storia, riportando una entità extra-dimensionale nella realtà della protagonista.
Peraltro, ma questa è solo una curiosità con cui però riesco a immaginare che Remedy potrebbe essersi divertita, il giocatore ha già incontrato anni addietro – proprio come anni addietro Jesse e Polaris si sono incrociate – non tanto Jesse, ma Courtney Hope, l’attrice che la interpreta e le ha dato le fattezze: era stata, infatti, un personaggio di Quantum Break nel 2016.
Teniamo questo piccolo appunto, però, solo come ulteriore easter egg.
Quando, insomma, Jesse ha iniziato a farmi capire che lei e Polaris in qualche modo si erano incrociate prima, e quando soprattutto ho scoperto che Polaris era da qualche parte nella Oldest House, mi sono detta che in fin dei conti non poteva più corrispondere al giocatore.
Jesse scopre così che in fondo al palazzo dell’FCB si nasconde una sorta di enorme nucleo, collegato a dei sifoni, chiamato Hedron. Dai documenti e dai video del Dr. Darling, a capo della sezione ricerche del bureau, sembra proprio che Hedron sia Polaris. Quando però viene attaccata dall’Hiss e Jesse cerca di liberarla, la missione fallisce.
Il nucleo di Hedron viene distrutto e Jesse, convinta che Hedron fosse Polaris, si ritrova imprigionata in una distorsione onirica (che peraltro suo fratello aveva previsto, in uno dei loro dialoghi) in cui è schiava di una vita orribile.
Ancora una volta, guidata dal giocatore – che si fa le sue stesse domande, mentre lei pulisce tazze di caffè, fa fotocopie per altri che la trattano come uno zerbino e consegna la posta ai dipendenti dell’FCB – Jesse riesce a liberarsi da questo loop e scopre che Polaris è ancora con lei. Mentre Hedron è andato distrutto.
Scopriamo così che Hedron era solo il catalizzatore che permetteva a Polaris di esprimersi, di “manifestarsi”, ma non di esistere. Ora, Polaris ha trovato un altro catalizzatore che è… direttamente Jesse.
Alla fine del percorso, lei e Polaris sono davvero una cosa sola, agiscono all’unisono, e Polaris non ha mai avuto nessuna manifestazione fisica: Hedron non era Polaris, ma solo un mezzo.
La mia idea riprende vita più che mai: Polaris sono io. E Jesse, rompendo la quarta parete e parlando in modo ancora più chiaro al giocatore, più che alla sua preziosa stella polare, nel prendere il controllo del suo ruolo di direttrice del bureau lo dice apertamente nell’epilogo: faremo questa cosa insieme, non sono da sola.
E con lei, per tutto questo tempo, c’è stato solo e soltanto chi ha giocato.
Dimensioni diverse
Remedy è straordinaria nel saper mescolare realtà e finzione. Alan Wake 2 è probabilmente il loro esempio-maestro di questa abilità, ma il modo in cui Control gioca con i non-detti, con l’interpretazione e soprattutto con la presenza del giocatore è ciò che mi fa sempre tornare in questo gioco.
Una delle sequenze più iconiche, il Labirinto del Posacenere, vede Jesse indossare un paio di cuffie per sentire la stessa colonna sonora che viene proposta al giocatore, mentre avanza. Dopotutto, Polaris e Jesse sono sempre insieme in questo viaggio.
I giochi inter-dimensionali sono una costante: in una delle registrazioni audio, Jesse cita un poema di Thomas Zane, ma la psichiatra a cui è stata affidata afferma di non conoscere nessun poeta con questo nome – i fan di Alan Wake, però, la penseranno diversamente. Addirittura, la sua terapista la incoraggia a iniziare a distinguere ciò che è reale da ciò che accade soltanto nella sua immaginazione.
Sommateci anche che il testo del Sanarkin Tango parla di un certo eroe che ha scambiato un oceano per un lago…
Remedy gioca con le dimensioni e, tra le tante possibili, nella narrazione di Control ci sono la dimensione di Jesse e la dimensione del giocatore.
Le avventure della direttrice dell’FCB, ci viene detto nel gioco, sono rese possibili da un’emanazione di una dimensione sconosciuta, che comunica con Jesse senza usare le parole, che le permette di compiere cose eccezionali e che non la abbandona mai. Che sa quello che Jesse pensa, la incoraggia ad abbrancare l’Arma di Servizio, ad accogliere ogni sfida.
Che è tutto quello che io e Jesse abbiamo fatto insieme nel suo viaggio. Il nostro, viaggio.
È con me che parlava, per tutto questo il tempo. Il fatto che continui a percepire Polaris, dopo la distruzione di Hedron, alla fine me lo dimostra.
E me lo conferma lei, guardando direttamente in camera e rompendo la quarta parete definitivamente nell’epilogo del gioco:
«Sono la direttrice del Federal Bureau of Control.
Siamo in tutto questo insieme.
Tu, e io».
Amo i videogiochi che raccontano con l’interazione e che si fanno vanto delle unicità permesse dal loro essere videogiochi. E questo Control lo fa benissimo.